venerdì 7 febbraio 2014

Letteratura latina tardo-antica/05


Statua di bronzo di Costantino I fuori York Minster in Inghilterra.

L'età dei Tetrarchi e di Costantino

In questa lezione tratteremo di un'importante riforma costituzionale introdotta da Diocleziano: la tetrarchia (dal gr. τετράρχης “governo di quattro”), ovvero di quel momento storico in cui Diocleziano, cosciente del fatto che l'impero era ormai troppo vasto per poter essere gestito da un'unica persona, lo divise in due parti, quella occidentale e quella orientale, affidando ciascuna delle parti a due principi: un augusto e un cesare. Inoltre divise il territorio in ben 114 provincie raggruppandole in 12 diocesi.

Diocleziano (285-305)


Ritratto di Diocleziano, presso il
Museo archeologico di Istanbul.

Da Wikimedia Commons.

Segnò la fine del convulso periodo della “anarchia militare” l'elezione a principe di Gaio Aurelio Valerio Diocleziano, nato Diocle. Proveniente una famiglia di umili origini della provincia romana della Dalmazia, salì i ranghi dell'esercito romano fino a diventare comandante di cavalleria sotto l'imperatore Marco Aurelio Caro (282-283). Dopo la morte di Caro e di suo figlio Numeriano nella campagna contro i Sasanidi, fu proclamato imperatore (in questa occasione mutò il nome in Diocleziano), in opposizione al figlio maggiore di Caro, Marco Aurelio Carino, nominato a sua volta imperatore dal padre prima della campagna e che si trovava in Occidente: i due si scontrarono nella battaglia del fiume Margus, in cui Carino perse il regno e la vita (285).
A partire dal 286 d.C., il governo fu esercitato da quattro sovrani: due Augusti e due Cesari. Tale ordinamento fu ideato da Diocleziano per dare una soluzione al duplice problema di assicurare la successione pacifica degli imperatori e di organizzare la difesa dell’Impero. Delle quattro parti, a loro volta ripartite in diocesi, Diocleziano assegnò le due maggiori a sé e a Massimiano, e le due minori a Galerio Massimiano (Illirico) e Costanzo Cloro (Gallia, Britannia e Ispania). Nella famiglia imperiale così costituita, il potere supremo era riservato a Diocleziano (senior augustus); l’Impero conservava la sua unità, le leggi erano emanate a nome dei quattro principi, i provvedimenti adottati da ciascuno di essi erano comuni, così come le vittorie conseguite. Ognuno pose la propria sede nella città che meglio gli permetteva di controllare la situazione militare della sua parte d’Impero: Costanzo Cloro a Treviri, Massimiano a Milano, Galerio a Sirmio, Diocleziano a Nicomedia. La successione doveva svolgersi mediante abdicazione dell’Augusto, cui succedeva il suo Cesare, il quale provvedeva a creare un nuovo Cesare. La t., però, andò di lì a poco in crisi: quando, alla morte di Costanzo Cloro (306), le legioni d’Occidente, anziché favorire l’ascesa al potere di Severo, il suo Cesare, acclamarono imperatore suo figlio Costantino. Questi, dopo alcuni anni di tumulti e guerre civili, avrebbe gradualmente instaurato un sistema di potere non più fondato sul principio della condivisione e dell’avvicendamento dei Cesari agli Augusti, bensì su quello, formalmente dinastico, che voleva i figli succedere al padre.

Le 12 diocesi nella nuova divisione tetrarchica
dell'impero romano voluta da Diocleziano attorno al 300.

Sicché nel 286 Diocleziano si associò alla guida dell'impero Marco Valerio Massimiano, assegnandogli il titolo di “Augusto”, mentre nel 293 Galerio e Costanzo Cloro furono nominati “Cesari”, rispettivamente subordinati agli Augusti e designati alla loro successione. Massimiliano stabilì la sua sede a Milano col compito di controllare tutto l'Occidente; Diocleziano fissò la sua residenza a Nicomedia in Bitinia, da dove avrebbe potuto sorvegliare l'Oriente (l'Asia Minore, la Palestina, l'Egitto e la Cappadocia). In realtà, la ripartizione tetrarchica, pur basandosi su una calibrata assegnazione delle competenze, non corrispondeva a un'effettiva distribuzione del potere che rimaneva tutto nelle mani di Diocleziano.
Promulgò anche, sul fronte economico, l'Edictum de praetiis rerum venalium, un calmiere dei prezzi; e operò, infine, alcune innovazioni nell'amministrazione fiscale. Parallelamente alla sua opera di riforma, attuò una svolta in senso autocratico: non va dimenticato come l'imperatore si facesse vedere di rado in pubblico e pretendesse di essere considerato alla stregua un sovrano orientale, introducendo p.e. il rito della prostrazione (gr. προσκύνησις) di fronte alla sua persona.
Consapevole del rischio che avrebbe potuto comportare la predicazione cristiana, certo di contrastare il diffondersi della nuova fede. Il risultato fu contro producente: l'insistenza delle persecuzioni contro i Cristiani, sotto Decio (249-251) e Valeriano, dimostrano, accanto al successo di movimenti l'ispirazione mistica e delle religioni misteriche, il peso assunto da questa dottrina.

Da Costantino ai regni romano barbarici


I successori di Diocleziano

Nel 305, dopo l'abdicazione di Massimiliano e Diocleziano (ritiratosi a vita privata nella natia Dalmazia), salgono al trono due nuovi "Augusti": Costanzo Cloro (305-306) in Occidente e Galerio (305-311) in Oriente. Ciascuno dei due è affiancato da un "Cesare": da Flavio Valerio Severo il primo e da Massimino Daia il secondo.
Il sistema della tetrarchia tuttavia entrerà in crisi nel 306, con la morte di Costanzo Cloro cui seguirà un periodo turbolento. Alla fine si avranno ben quattro "Augusti": Costantino e Massenzio in Occidente, Massimino Daia e Licinio Liciniano in Oriente.


Costantino (312-337)

Ma da lì a breve la scacchiera politica era destinata a mutare di nuovo. Durante la celebre battaglia del Ponte Milvio (28 ottobre 312), Flavio Valerio Costantino sconfigge Marco Aurelio Valerio Massenzio e diventa il nuovo (e unico) imperatore d'Occidente. A distanza di un anno (313), Valerio Liciano Licinio sconfigge Massimino Daia ad Adrianopoli, ottenendo così il controllo della pars orientale.


Costantino e Licinio


Panoramica del Ponte Milvio, Roma,
Di Anthony Majanlahti, via Wikimedia Commons.

Ciò nonostante, il quadro politico è destinato a mutare ulteriormente: Costantino, presentandosi come paladino della religione cristiana, attacca Licinio, pagano e piuttosto intollerante verso i cristiani, sconfiggendolo nel 324. Ancora una volta, il teatro dello scontro è Adrianopoli. Adesso Costantino è l'unico imperatore.


L'editto di Milano (313 d.C.)

Il 313 fu un momento epocale. Costantino e Licinio infatti promulgano il cosiddetto “editto di tolleranza” (un editto similare era stato promosso due anni prima da Galerio), per mezzo del quale, da un lato, si riconosce l'uguaglianza di tutte le religioni e la libertà di culto per tutti i cittadini; dall'altro, la restituzione dei beni confiscati ai cristiani.
Ciò esercitò uno straordinario impulso sul Cristianesimo, non a caso è proprio in questo periodo che assistiamo ai primi pellegrinaggi, all'edificazione di chiese, alla nascita del monachesimo, ecc.


Il concilio di Nicea (325 d.C.)



Costantino condanna al rogo
i libri degli ariani,
manoscritto, Archivio capitolare,
Vercelli (IX sec.).
Di James Steakley,
attraverso Wikimedia Commons.

Nel 325 avviene la convocazione del concilio di Nicea (Bitinia), ovvero il primo concilio ecumenico del mondo cristiano. Il suo scopo è quello di fare il punto su spinose questioni di ordine teologico.
Una di queste è il dogma della Trinità, il quale all'epoca era scosso dall'arianesimo: un'eresia diffusa tra il III e il IV sec. che faceva capo ad Ario, un prete di Alessandria d'Egitto, il quale sosteneva che Padre e Figlio non fossero della stessa sostanza, in quanto Cristo fu generato in secondo momento. Il problema fu risolto solo in parte come dimostra la permanenza nel IV sec. dell'arianesimo in Oriente: ciò segno una delle prime spaccatura in seno tra la Chiesa d'oriente e d'occidente.
Ma la chiesa del IV sec. era minacciata anche da altre due eresie: il manicheismo e il donatismo. Il primo prende il nome da un principe e predicatore persiano, Mani, morto (crocifisso?) nel 276, il quale compì una elaborazione del cristianesimo con elementi tratti dalle filosofie precedenti: secondo questa dottrina, 
Il donatismo, movimento religioso che deve il suo nome a Donato di Cartagine, invece, fu caratterizzato dalla ripresa o continuazione di posizioni dottrinali e pratiche abbandonate, come l'invalidità dei sacramenti se amministrati da sacerdoti indegni: tale dottrina durò dalla fine della persecuzione di Diocleziano fino all'invasione musulmana.


Iniziative politiche



Solidus raffigurante l'imperatore Flavio Claudio Giuliano,
361 a.C. ca.
Di Classical Numismatic Group, attraverso WikimediaCommons.

Costantino attuò, inoltre, un consolidamento dell'assento imperiale: da un lato,  affidò le questioni amministrative a dei prefetti che, di fatto, agivano da meri “tecnici”; e concentrò, dall'altro, il potere gli affari importanti nelle proprie mani.
Egli fu l'autore di importanti iniziative di carattere finanziario e militare:
  • il denarius, moneta d'argento, fu sostituito dal solidus d'oro;
  • la sostituzione dei pretoriani coi “palatini”, un corpo scelto che risponde direttamente agli ordini dell'imperatore.
  • una distinzione nell'esercito in truppe “litanee” (vale a dire di confine) e “comitatensi” (mobili e agli ordini dell'imperatore) a tutto vantaggio delle seconde;

La fondazione di Costantinopoli

Nel 331 d.C. la capitale dell'impero fu spostata da Costantino a Bisanzio, ribattezzata Costantinopoli. Da questo momento la pars orientale dell'impero avrà una storia a sé e sopravviverà fino al 1461.


I successori di Costantino

Costantino, morendo, divise l'impero fra i suoi tre figli, Costantino II, Costante e Costanzo II, che si combatterono fra loro in una lunga guerra fratricida.

Flavio Giulio Costanzo, detto Costanzo II (323/324 - 361)


Busto dell'imperatore romano Costanzo II
rinvenuto in Siria. Il reperto oggi è custodito
in una collezione del Museo Archeologico
dell'Università della Pennsylvania.
Foto di Mary Harrsch,  via WikimediaCommons.



Alla scomparsa di Costantino (337) seguirono nuove lotte per la successione, destinate a terminare solo nel 351, quando salì al potere Costanzo II, imperatore unico fino alla sua morte (361). S
eguendo una politica contraria a quella del padre, favorì gli ariani e perseguitò i cattolici.


Flavio Claudio Giuliano, detto l'Apòstata (361-363)


Ritratto di Giuliano l'Apostato su una moneta
di bronzo (360 ca.) rinvenuta ad Antinochia.
Foto del Classical Numismatic Group,
via WikimediaCommons

Figlio di un fratellastro di Costantino, Giuliano fu imperatore che succedette a Costanzo II. Nonostante l'educazione religiosa d'impronta cristiana ricevuto, nutrì da sempre un grande fascino per la filosofia greca e la cultura ellenica.
Così si convertì al paganesimo e s'impegno, senza successo, a ripristinare il politeismo come religione ufficiale dell'impero. A ciò si deve l'epiteto “apòstata”, aggettivo di origine greca che indica colui che si è allontanato dalla fede (ἀπό "lontano da" e στάσις, deriva da ἵστημι "stare, collocare").
Si distinse inoltre sia in àmbito letterario, sia in àmbito militare come comandante. E proprio sul campo, durante un episodio bellico svoltosi presso Maranga tra l'esercito romano di Giuliano e quello persiano di Sapore II, perse la vita.
E con lui si estinse anche la discendenza di Costantino.

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