sabato 29 marzo 2014

Intervista a Mireno Scali


a cura di Marco Luchi e Alessandro Gori
con la partecipazione di Stefano Giorni

Foto scattata presso Il Botteghino, Piazza Sant'Agostino 46, Arezzo.

Dopo l'intervista al fumettista Italo Mattone, io e il fidato Alessandro Gori (con la partecipazione non accreditata di Stefano Giorni) abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Mireno Scali: giornalista, cabarettista, attore comico, nonché celebre sosia di Roberto Benigni!
La conversazione è stata lunga e piacevole: trasbordante di aneddoti gustosi su film e protagonisti della commedia italiana anni Ottanta e non solo! In attesa che mettiamo a disposizione 
degli utenti il file audio, godetevi il seguente (straripante) condensato del nostro colloquio.

Una delle gag che l'ha resa celebre è, per l'appunto, quella del caffè in Vieni avanti cretino (1982) di Luciano Salce con Lino Banfi. Che ricordo hai di quell'esperienza?
Nel mondo dell'immagine oggi c'è stato un cambiamento notevole. Ora è importante l'avanspettacolo, all'epoca era considerato un po' così. Salce era un personaggio, oltre che essere stato un bravo attore ai suoi tempi. Tra l'altro, io l'ho incontrato così: facevo le serate, gli spettacolini, con Franco Bracardi (s'era molto amici) e mi disse: «Ci dobbiamo vedere con Luciano, perché sta facendo un filmettino. Andiamo a trovarlo!» Così ho conosciuto Luciano Salce, s'è parlato un po' e poi m'ha detto: «C'hai una foto tua?» Io: «Se me l'avessi detto... C'ho una cartolina dietro!» Aveva dentro quest'ufficio una bacheca. M'ha detto: «Ecco, te sei il primo attore di questo film.» «Come so' il primo primo attore?» Prima c'era goliardia anche nel fare le cose, anche se poi era serio il tutto.
Arezzo aveva una discreta importanza nell'ambito cinematografico: se un film usciva ad Arezzo (o anche gli spettacoli teatrali) e aveva un buon incasso, potevi girare tutt'Italia: c'era la prima, dopo arrivava nelle città più piccole, poi te lo vedevi in televisione dopo due anni. Ora, la prima visione non esiste più. Perché effettivamente è anche una questione di costi: perché stampare il DVD costa una cosa, la pellicola a quell'epoca (più o meno) costava sulle 800.000 £ al metro. Era costoso farne delle copie. Tra l'altro, mi fece piacere perché, quando lo presentammo in Rai (allora c'era una trasmissione che si chiamava Blitz), quel giorno lì c'era lo sciopero della Rai. Luciano Salce prese al volo la situazione e disse: «Va bene, facciamo un collegamento da Arezzo». E c'era l'Hotel dei fratelli Drago. Racimolò un po' di gente così: c'era uno di Castiglion Fiorentino che praticamente faceva l'imitazione degli uccelli: da schiantar dal ridere! Ma fu una cosa fatta lipperlì... Salce era forte! L'avevamo messo dietro 'sti vasi con le piante. «Non ti fa vedere, che sennò...». E lui stava lì dietro e faceva le imitazioni. E poi c'era uno di Piobbico, che era del Club dei brutti, e aveva portato un po' di brutti.
Lino Banfi, tra l'altro, ha fatto una bellissima interpretazione. Poi ci siamo rivisti più di una volta, però, sai, lui è a livelli di serie A: quindi siamo tutti molto amici, però ognuno va per la sua via.


A proposito di Bracardi, tu hai lavorato con lui anche in Biancaneve & co.: un film, tra l'altro, che ha una versione inglese e una tedesca. Ci siamo appuntato anche il titolo tedesco che è Schneefittchen und die 7 glücklichen Zwerge.
La distribuzione era del Gancia, quello dello spumante. Quando è uscito, l'hanno vietato subito ai minori di 18 anni. Vuol dire che a vederlo non ci sarebbe andato nessuno. Anche perché quei film lì, tipo Massimamente Folle, erano film un po' strani. Era più facile che c'andassero i giovani: uno di quaranta, cinquant'anni era più facile che andasse a vedere Bud Spencer e Terence Hill. Magari, preferivano una cosa più semplice. Poi negli anni Ottanta c'è stato tanti finanziamenti dati per il cinema.



Ci hai precedentemente accennato alla tua attività di giornalista, mi ricordo che anni fa avevi in mente di scrivere un libro.
Ce l'ho ancora in mente: una biografia, ma scritta in modo umoristico. Se guardi la vita, la puoi vedere in un modo serio oppure umoristico: per esempio, alle elementari (l'asilo ancora non l'avevano inventato: c'era solo quello politico!) c'era questa ragazzina, abruzzese, anche carina. E ogni tanto veniva trovarmi a casa, s'era vicini insomma. (Si chiamava Anna, poi l'ho persa di vista...) E io giocavo. Poi s'andava a scuola insieme. Un giorno mi fregò il salvadanaio coi soldi! Da lì ho capito che le donne nella vita mi sarebbero costate: non c'era verso...
Comunque, a parte questa, ne ho avuta di storie e volevo fare 'sta cosa facendo riferimento a come è cambiata la vita: quand'ero ragazzino, per esempio, e ci guardavamo in giro, le ragazze uscivano in mezzo la strada. Ti fermavi e chiacchieravi. Noi siamo arrivati che le donne prendono l'iniziativa! Io, poi, mi lamento che sono nato in un periodo di transizione, per cui se ti comportavi così con una eri troppo avanti, se ti comportavi cosà con un'altra eri troppo indietro... Infatti, come dicevo a un mio amico, io nell'indecisione l'ho chiesta sempre a tutti: così in percentuale vedrai che ce la fai!
Poi, facendo uno spot per la Melt-A-Plot, ho lavorato con un attore giovane: lui mi chiedeva delle cose, ci siamo messi a parlare, qui e là. Per me è stata una bella cosa avere un confronto con una persona giovane, perché sennò rischi di diventare il vecchietto patetico.


Tu ci raccontasti tempo fa che dovevi essere il fratello di Benigni nel film la Vita è Bella, inizialmente.
Il cugino. E ci stava, data la somiglianza. Poi, sembra, Cerami non gradiva: a parte che possa essere stato un grande intellettuale, però di già uno che fa il comunista e c'ha i milioni non me convince. (Però anche Roberto è a questo modo...) Io era andato lì a Gargonza. Lui stava scrivendo la Vita è bella. L'avevo visto e gli dico: «Ah Robè, domani si mangia insieme lì, al Cacciatore
Prima arriva Roberto, ci si mise al tavolo. Non c'eravamo neanche seduti, poi arriva questo Cerami: «Mio chi c'è! Meno male che sei ingrassato: così non assomigli più a Benigni e non ci rompi più i coglioni!» E piglia, arriva lì e si butta a sedere al tavolo. «E a te chi t'ha invitato?» E lì nacque proprio subito il diverbio. Benigni cercò di fare da mediatore ma ormai era tardi: s'era già rotto l'equilibrio. A parte questo fatto qui, l'ho trovato di una... Cioè, m'ha fatto incazzare proprio! Era siciliano, però era romano proprio: quindi con quel fare (l'hai visto?) che c'hanno i romani, un po' sbruffone? Cazzo!
Io una persona che ho amato moltissimo è Francesco Nuti. Guarda ora la televisione! Ora non gli passano un film! Almeno gli entrerebbe qualcosa. Neanche un minimo di rispetto... Cioè (come se dici?), calci agli stinchi agli zoppi.


Ci ricordiamo, a proposito, di quella scena raccapricciante che era dalla D'Urso. 
Ma li ha sbagliato anche il suo fratello. Perché visivamente non era neanche presentabile. Io dissi: «Cazzo, se lo portano in televisione, vorrà dire che sta meglio». Me l'aveva detto Novello Novelli. Lo trovai a Firenze e gli dissi: «Cazzo, io voglio andare a trovarlo!» «Non ci andare, perché sbava tutto... Poi se ti vede si mette a piangere, poi al massimo ti fa un disegnino.» «Cazzo, se è in quel modo mi scoccia... Se lo devo mettere in difficoltà, allora evito» Tra l'altro, invece, ho visto che il Pieraccioni tranquillamente è andato a farsi le foto da lui: l'ha pubblicate! Se la poteva proprio evitare. Anche perché, se è lì dov'è, è grazie alla disgrazia del Nuti. Sennò col cazzo! Quell'anno lì ci fu un ricambio: è subentrato l'impresario del Pieraccioni, che ha legato col Cecchi Gori. Il Nuti era in un momento di difficoltà: quindi beveva e litigò col Cecchi Gori, al Paskoski, a Firenze, sicché lì fu facile per il Pieraccione. Io me la sarei risparmiato una situazione del genere, però la gente non lo sa. 
È tutto così... Oggi è tutto veloce che nel giro di un mese è tutto cambiato. E quindi, non lo so! Secondo me, ci vorrebbe un po' di buon senso in tante le cose. Io, poi, penso sempre che tutte le cose ripagano in fondo, eh! Perché le cose che fai fatte bene ti portano un risultato, quelle che fai fatte male ti portano un risultato negativo.


Tra l'altro, tu hai collaborato con un altro Giancattivo: mi riferisco ad Alessandro Benvenuti nel film Ivo il tardivo (1995).
Sì, ho fatto una cosettina perché del gruppo lì s'era proprio amici, specie col Nuti e Giorgio Porcaro. Andavamo sempre a Fiesole, avevamo trovato un locale d'uno innamorato del cabaret e della musica. Diceva: «Voi venite qui, provate il cazzo che vi pare, io vi offro una bottiglia di whisky: ma non mi chiedete i soldi!» E sicché col Nuti ci si trovava spesso lì. Gli altri Giancattivi, no. All'inizio degli anni Ottanta, il Nuti stava già uscendo dal gruppo: ci si stava un po' stretto. Quindi avevo legato più con lui. Benvenuto è più intellettuale, ci parli in un altro modo...


Però ha fatto dei capolavori.
Per carità, però anche il Nuti c'aveva delle belle idee: anche se poi erano filmettini, però erano filmettini fatti bene. Cioè (anche se non è bene parlare di uno e male di un altro), se metti a confronto il Pieraccioni e il Nuti, nel secondo c'era altri contenuti, insomma. Cioè, il Pieraccioni fa un film uguale all'altro!

Tu sei legato anche ad Athina Cenci, la quale ebbe un problema grosso di salute, nel settembre 2001, da un'emorragia cerebrale. Al momento non rilascia più né un'intervista, né niente. Di ciò ne parla anche Benvenuti nel suo libro Capodiavolo. Sembra che non stia meglio di Nuti, anzi che anche lei sia fortemente compromessa.
Non lo so. Però questa cosa qui è abbastanza rispettabile, perché è una cosa personale privata. Tornando al discorso che facevamo prima: il Nuti in televisione a quel modo è stata una cosa penosa.


Di Benigni era amico anche al di là del set televisivo. 
Noi ci siamo visti anche parecchie volte. Anche fuori. Quegli anni lì, quando l'ho conosciuto lui praticamente, non era famosissimo

Stava con Nicoletta Braschi o ancora no?
Erano fidanzati da poco. Tant'è che gli dicevo: «Prova anche quest'altro Benigni: tutt'e due, no?» E lei era molto incapricciata. Con me non c'è stata grossa simpatia con la sua moglie. Lei è un po' marchigiana. [Ride] Loro, credo, stanno bene a livello economico perché il su' fratello è proprietario del palazzo di Milano Marittima.

Benigni recentemente ha fatto un film con Woody Allen, To Rome with Rome (2012), che è fatto di più episodi. Il film s'inabissa quando c'è l'episodio con Benigni, purtroppo...
Sai perché può essere successo? Perché si sono scontrate due grosse personalità. E, come si dice, o viene una cosa bella o viene fuori il botto: ognuno ha rispetto dell'altro e quindi demanda all'altro: si dicono: «Fai te!» e nessuno ha fatto. Quindi viene fuori un troiaio.
Roberto aveva cercato di mettere una comicità che fosse più piacevole per gli americani, siccome dopo La vita è bella, gli altri film non è che gli sono venuti tanto bene... A parte che in Italia possano avere successo, io ho visto le critiche in America su La tigre e la neve e PinocchioLa tigre e la neve fu stroncata, Pinocchio peggio ancora. Fra l'altro anche Pinocchio l'ha scritto lì a Gargonza. Con Roberto ci si vedeva anche allora e ci si parlava. Mi ricordo gli dissi: «A che punto sei?» «Sono al legno ancora. Non mi riesce a scrivere...» Quando lui aveva quasi finito, ci si ritrovò a cena e gli dissi: «Scusa, ma perché invece di interpretare Pinocchio, non hai fatto la parte dell'autore?»
Se guardi Roberto, anche come espressione, non può essere un personaggio perdente: ha l'occhio birbo! Nel film, quando c'è Lucignolo (Kim Rossi Stuart) che dovrebbe essere quello che lo porta sulla cattiva strada, c'ha l'occhio più birbo Benigni. Eccheccazzo! [Risate] E poi, siccome uscì nel periodo delle feste natalizie, in America avevano scritto che sua moglie non doveva far la fatina: «Certo, è uscita in questo periodo che rappresenta bene la befana». Stroncata proprio!
Eh, però quelle sono opere d'arte, come se uno dovesse fare film sulla Bibbia. Perché se te fai una cosa su una storia, che nessuno ha letto o hanno letto in pochi, può piacere o non piacere. Ma quando te hai letto una storia, ti sei fatto delle immagini nella mente e vedi un'altra immagine, non è facile che ti possa piacere. Scontrarsi con opere d'arte è sempre difficile... Come quando alcuni autori che hanno rifatto dei film d'epoca. È una cosa che, a meno che per i soldi, io non farei. Cioè, perdi già in partenza. E quello che ti è piaciuto: come fai a far meglio?


Ci hai detto che hai intenzione di un progetto che tirerà in ballo vari sosia di personaggi famoso: potresti illustrarcelo un po'?
Quando te mi dicevi che c'è stato un piccolo buco nel mio curriculum, è ché ho fatto del teatro: c'era un teatro a Roma, che ora ha chiuso perché parecchi sono andati a sparire (come ha chiuso la produzione del Bagaglino), che era la Chanson. Noi praticamente avevamo fatto i Magnifici sette. C'erano tutti i sosia che avevano fatto il Bagaglino: il sosia di Andreotti, di Berlusconi, di D'Alema e qua e là... E avevamo fatto un bello spettacolo!
S'è girato per diversi anni l'Italia ci si aveva come prima donna la sorella di Kim Rossi Stuart e poi, dopo, abbiamo avuto la Carmen Di Pietro. E s'è fatto diverse cosettine. Poi c'è stato, purtroppo, il fatto che ogni volta che cambiava il presidente del consiglio litigavano anche i sosia dei politici: in Sicilia, il sosia di D'Alema e quello di Berlusconi si misero a tirarsi i piatti al ristorante! Non hanno capito che se fai l'imitazione precisa, se io mi trucco e faccio Benigni, non serva a un cazzo! La gente va a vedere Benigni. Devi fare una satira (che, poi, fare una satira su un comico è difficilissimo), ma devi fare quelle “sbavature” che la gente vuole! Sennò non serve a un cazzo. Anche un lavoro di (ri)creazione del personaggio. Benigni, quando veniva a vedermi al Bagaglino, diceva: «Io mica sono così!» «Eh, certo ti faccio più brutto!» E sennò, ecchecazzo! [Risate] E in quel momento venne la sarta e gli disse: «No, per me il Benigni è lui, non sei te!» Ci rimase un po' male.


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