Introduzione
Quello che state per leggere è un post,
risalente addirittura all'aprile 2010, che scrissi in un vecchio
forum, mio e del mio
amico Giuseppe. All'epoca mi ero particolarmente interessato alla
linguistica, specie a quella storica (o, per parlar fine,
"diacronica"). Tale interesse – alla stregua di altri –
mi è poi scemato.
Fatto
sta che, alcuni giorni fa, in preda a un raptus di nostalgia,
l'ho riaperto. Di molte cose scritte, specie per lo stile impacciato
e qualche vista qua e là, oggi me ne un po' vergogno. Però... Be',
alcuni post – in tutta sincerità – non mi sono sembrati male.
Anzi, previa una capillare revisione, li trovo tutt'oggi decenti. Il
seguente è uno di questi.
Sul trattamento del morfema -arium nei
vari dialetti di Italia: una rivincita del romanesco sul toscano?
Oggi
pomeriggio stavo chattando su facebook con una mia amica di Virterbo
per farle gli auguri di Pasqua, quando - scrivendo e scrivendo - mi è
venuto in mente un piccolo topic per inaugurare la sessione
"Morfologia" di questo piccolo forum.
Partiamo
dalle parole notaio
e rockettaro.
Notaio
deriva dal latino volgare NOTARIŬ(M), termine modellato a partire da
NOTARE, un verbo a sua volta costruito sul sostantivo NOTA.3
Analogamente a quanto abbiamo visto nel topic sulla parola fegato,
nel passaggio all'italiano la -M finale cade mentre la Ŭ breve atona
(ovvero non accentata) diventa una o
aperta. A queste trasformazioni dobbiamo aggiungere la caduta della R
intevocalica, vale a dire della R interposta tra due vocali. Pertanto
abbiamo il seguente esito:
*NOTA(R)IŬ(M) > notaio.
Il
fenomeno poc'anzi descritto, per cui nel nesso RJ la R è caduta e il
tutto si è ridotto alla j, detta anche jod (termine
con cui s'indica il suono semiconsonantico corrispondente a i
seguita da vocale), è cronologicamente antico - sebbene non sappia
indicarvi la data precisa - e localizzabile in Toscana. Di basi
latine che hanno subìto sorti analoghe possiamo farne anche altri
esempi:
AREA(M) > *ARJA (l'asterico * indica che la forma non è attestata) > aia,
CŎRIŬ(M) > cuoio.
Orbene,
durante lo studio della letteratura italiana alle superiori, è molto
probabile che vi siate imbattuti in un grande poeta della scuola
siciliana: il celeberrimo inventore del sonetto, Jacopo
da Lentini, che, presso la corte di Federico II, svolgeva la
mansione di "notaro". Notaro
e non notaio, in quanto il poeta era nato in a Lentini, in Sicilia, e
non - chessò - a Campi Bisenzio. In tutt'Italia infatti il nesso RJ
ha avuto un esito molto diverso da quello che ha avuto in Toscana: la
R si è conservata e a cadere è stato lo jod.
Ecco perché in molte parole di origine non toscana si nota la
terminazione in -aro:
in settentrione abbiamo paninaro;
in meridione calamaro,
palombaro;
a Roma e nel Lazio benzinaro,
borgataro,
palazzinaro
ecc.2
La
tendenza a cui oggi assistiamo è il prevalere del suffisso non toscano -aro sul toscano -aio nella formazione dei neologismi italiani
più recenti: l'equivalente italiano dell'inglese rocker è
rockettaro, parola attestata a partire dal 1980 e costruita
per anologia con gruppettista [sic.], e non *rocchettaio
(in questo caso l'asterisco * indica una parola "inesistente").3
Conclusione
Ma
insomma, se abbiamo visto che il suffisso -aro
è usato in tutta Italia, con la sola vistosa eccezione della
Toscana, a chi "imputare" l'origine di questo cambio di
tendenza? Io credo - ma sono pronto a essere smentito - dobbiamo
cercare spiegazioni nella crescente fortuna del romanesco nel cinema
e in tivù: del resto la storia del nostro cinema è visceralmente
legata a Roma, dove si trovano importanti istituzioni come Cinecittà
(fondata del 1937) e dove sono stati girati, e continuano a essere
girati, film serie fiction e quant'altro. A quanto ne so - ma su
questo argomento non ho ancora trovato nessuna fonte scritta da
citare - anche il movimento dei paninari,
tipico e caratterizzante gli anni Ottanta milanesi, deve il suo nome
all'ascendete esercitato su di lui dal romanesco.
A
conti fatti, oggi come oggi, dopo esser stato accusato della presunta
agonia del congiuntivo,4
dopo aver infastidito Castelli con la sua costante presenza nei
media,5
il romanesco può forse rivendicare sul toscano una maggior influenza
sull'italiano standard.