domenica 15 gennaio 2017

Dizionario dei falsi amici latini


[Lavori in corso]


Poche parole per introdurre questo progetto. Durante i miei anni all'Università di Pisa, ho sentito più volte ribattere questo. Negli ultimi decenni, il lessico ha un ruolo sempre più centrale nella moderna glottodidattica a discapito di altri aspetti della lingua, quali la morfo-sintassi cui un tempo si dava fin troppo spazio. Questa "rivoluzione copernicana" non poteva influenzare soltanto l'insegnamento delle lingue moderne (LS), ma ha investito anche l'approccio alle lingue classiche (LC).
Ebbi le mie riserve, poiché trovai talvolta enfatico il modo in cui talvolta tale prospettiva era accolto o erano descritti i pregi della tecnica. Tuttavia le posizioni suddetti non mancano di consistenza: le parole, in fondo, non sono la prima realtà con cui veniamo incontro quando si troviamo di fronte a una nuova lingua? Non sono la prima cosa con cui abbiamo a che fare ben prima della coniugazione dei verbi o della giusta pronuncia? Le parole meritano più spazio.
Ma l'argomento che più m'interessava era quello attinenti ai falsi amici, vale a dire coppie di parole in due lingue che sono molto simili o addirittura uguali, ma che hanno un significato diverso. Mi misi così ad appuntarmi a uno a uno tutti i falsi amici in cui m'imbattevo leggendo testi latini. Poi mi sono dimenticato di tutti quei fogli in giro, finché un bel dì, dopo un trasloco, mi sono trovato una massa in forme di carte piene di annotazioni.
In queste pagine, tenterò di dargli nel tempo di dare loro una sistemazione organica, fiduciosa che il mio lavoro possa risultare utile.

== B ==
bucca -ae f. 1) lat. class. «guancia» e non «bocca» (= lat. class. os), cf. Encolpio in Petr. 70.3 e Creso in Petr. 64.12; 2) assume tuttavia il significato romanzo di "bocca" in Petr. 43.3; 3) talvolta ha il significato pop. di "boccone", cf. Ganimede in Petr. 44.2.
== P ==
prō-fĕro, -tŭli, -lātum, -ferre tr. anom. lett. «tirare fuori», dunque «esprimere» in Aug. doctr. 4.1.7 de proferendo, dove proferre al gerundio indica l'espressione di carattere letterario in generale. Cf. Manetti (1994) 528.
== U ==
usurpo, -as, -avi, -atum, āre tr. Attestato in accezione negativa (p.e. in Cresc. 2.29.37; Coll. Max. 14; Iul. Imp. 6.23 [Pl. 45, col. 1555], Aug. Doctr. 4.), ma anche come vox media (p.e. Aug. Civ. 10.1, Iul. 5.2.7). Cf. Manetti (1994) 530.
== V ==
vŏlūmen, ĭnis n. (rad. di volvo): anticam. indicava il «rotolo (di papiro)»: vd. Cic. div. 2.115 totum uolumen implevit S. Rosc. 101 explicare volumen; Plin. ep. 3.5.5 (libri) tres in sex volumina divisi. Poteva inoltre indicare un «libro», o meglio un libro come parte di un'opera in più libri. Poi, in età cristiana, finì con l'identificarsi col codex «codice», vd. Aug. Ciu. 18.1, conf. 5.6.11; ep. 2224.2. Non è da escludere che al pl. indichi vari rotoli comprendenti un'opera eccedente un solo libro: vd. p.e. Aug. Doctr. 1.18. Cf. Manetti (1994) 529.

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