Le dimissioni del poeta
Narrami, o Vento, del savio Catone,
dell’antica virtù di cui fu degno,
narrami il viaggio, i perigli ed il legno
che fur compagni del prode Giasòne,
e non tacermi i marmi e ogn’invenzione,
splendore e gloria del romano ingegno,
e de’ trecento le vite che in pegno
diedero contro il persiano milione,
portami l’aura che splende pei rai
dagli alti abissi del sole nascente
presso de’ Finni e degli Ossioni il mare. . .
Tali beltà, qui, non vi fur giammai;
e or capisco, ora l’animo è cosciente
che non v’è ormai più niente da cantare.
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